Archive for the ‘Poesia’ Category

Intervista a Wislawa Szymborska

gennaio 8, 2010

Su Babelia inserto culturale de El Pais è uscita il 5 dicembre scorso questa intervista di Javier Rodrìguez Marcos alla grande poetessa polacca Wislawa Szymborska, Premio Nobel per la Letteratura nel 1996.

di Linnio Accorroni

Wislawa Szymborska è a casa sua, ma ci domanda ugualmente il permesso di fumare. «Una volta –racconta – ho ricevuto una lettera molto lunga nella quale una donna mi implorava di smettere di fumare. Mi sarebbe piaciuto risponderle: sono stata a tanti funerali di gente che mai aveva fumato e che era molto più giovane di me… Mi limitai comunque a dirle che la ringraziavo per essersi tanto preoccupata per me».
La Szymborska è nata 86 anni fa in Kornik, vicino a Poznan, nella parte occidentale della Polonia. Adesso vive in un appartamento dimesso senza ascensore alla periferia di Cracovia, città dalla quale non si è più mossa da quando la sua famiglia vi emigrò quando lei aveva appena 8 anni, nel 1931.
Il tema della memoria, in effetti, è molto presente nel suo ultimo libro di poesia, Qui pubblicato in Polonia proprio questo anno. La sua pubblicazione in Spagna coincide con la prima traduzione delle sue prose intitolate Letture facoltative, una selezione di vivaci ‘recensioni’ pubblicate, durante gli anni, sui quotidiani in una apposita sezione. Lì, in un paio di pagine, la Szymborska commentava Jung e Montaigne, ma anche testi sul giardinaggio, sull’ornitologia e sulle decorazioni. Il risultato è incanto allo stato puro. Per esempio, a proposito del Poema del Cid scrive: «Fu scritto da un Balzac medievale. La guerra è per lui, prima di tutto, una impresa finanziaria. Dato che la guerra è costosa, deve essere anche redditizia. La testa del cavaliere, anche se qualcuno la tagliava, era sempre piena di calcoli». Recensendo un manuale di ideogrammi cinesi invece annota: «C’è un segno, è naturale, per Sposa e un altro per Amante. Sposa è donna più scopa; Amante donna più flauto. Non so se esiste un segno per esprimere l’ideale che ci inculcano tutte le riviste femminili europee: una sintesi di scopa e di flauto».

Quando la Szymborska vinse il Premio Nobel nel 1996, c’era appena un piccolo gruppo di sue poesie tradotte dallo spagnolo e presenti in una antologia collettiva. Oggi la sua opera poetica è stata tradotta integralmente.
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Impegno in doppiopetto

dicembre 30, 2009

Questo articolo di Gianluigi Ricuperati è stato pubblicato qualche domenica fa sul Sole 24 Ore e racconta la persona e il lavoro di Frederick Seidel, poeta inedito in Italia considerato però un maestro nel suo paese. Data la recente apertura di minima&moralia alla poesia ve lo riproponiamo.

di Gianluigi Ricuperati

Signore, voglio sentire le tue mammelle. / Voglio far partire le cellule staminali. / La Casa Bianca è preparata / A farmi volare a velocità Mach 3 verso una località sicura segreta. Frederick Seidel ha 73 anni e abita in un appartamento dell’Upper West Side con vista da falco su Broadway, veste in doppiopetto italiano e possiede almeno cinque motociclette Ducati di cui una fatta apposta per lui. Ha pubblicato Final Solutions (lui, ebreo) nel 1963, sotto l’egida di Robert Lowell, il padre della confessional poetry che di lì a poco avrebbe intervistato per la Paris Review. Poi niente, per trent’anni circa: infine, uno dopo l’altro, volumi sempre più originali e potenti: è l’ennesimo caso di artista che trova la propria corda in tarda età, e quando la trova non sbaglia un colpo e d’incanto se ne accorgono tutti – anche il Paris Review, che lo intervista a sua volta sul penultimo numero. Nelle fotografie ha lo sguardo di chi si presenta all’ennesima cena in un ristorante stellato Michelin e vede, intorno, commensali, poi cannibali, poi ancora commensali, e infine ancora cannibali. Vede se stesso. Vede te e vede me. Io vorrei raccontare chi è Frederick Seidel; cos’hanno di unico ed esemplare i versi raccolti per la prima volta in Complete Poems 1959-2009, un volume antologico uscito in primavera da Farrar Straus & Giroux, raccogliendo recensioni entusiastiche da parte di critici, di poeti come Charles Simic e soprattutto una vasta ed eterodossa compagine di giovani narratori sparsi in giro per il mondo; vorrei raccontare perché all’improvviso mi è successo di riconoscere in un uomo nato nel 1936 un esempio d’impegno pressoché assoluto – sì, impegno: ho usato proprio quella parola, per uno che ha passato tutta la vita a collezionare amanti bellissime, beni di lusso, e tonnellate di sprezzatura. Passo la gran parte del mio tempo a non morire. / È a questo che serve vivere. / Mi arrampico su una moto. / Mi arrampico sulle nuvole e sulla pioggia. / Mi arrampico su una donna che amo. / Ripeto i miei temi.
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H1N1, un’epidemia di paura – che mi ha ricordato un sonetto di G.G. Belli

dicembre 22, 2009

di Damiano Abeni

Qualche settimana fa scrissi questa lettera (come previsto non pubblicata, e rimasta senza risposta), esasperato dall’epidemia di paura ingenerata da una comunicazione scriteriata – e tutta giocata sulle accezioni catastrofiche della parola pandemia.
Pandemia è un termine tecnico che, nella definizione operativa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, si riferisce alla diffusione di un nuovo agente infettivo in diverse macro-aree del globo. Nell’immaginario collettivo, per motivi diversi, alcuni dei quali saranno chiari – secondo me – leggendo il sonetto del Belli, il nuovo agente infettivo viene unanimemente identificato con un virus letale. E questo è falso: per assurdo, ad esempio, potremmo avere pandemie da virus (nuovi, in effetti) che colpiscono il sistema gastrointestinale e trasformano le deiezioni in oro.
Insomma, pandemia non è affatto sinonimo di epidemia con manifestazioni cliniche gravi, e ne stiamo appunto vivendo una in cui un virus che (è vero) non circolava in popolazioni umane da diversi decenni provoca danni comparabili a quelli della normale influenza stagionale.
A questo proposito ci vuole una parola anche sul rovescio della medaglia: la normale influenza stagionale provoca migliaia di morti ogni anno, e questo viene bellamente ignorato.
Credo che sia tipico dei politici e dei media da un lato amplificare i pericoli immaginari, e dall’altro sminuire o ignorare i pericoli reali, provocando nel pubblico un frullato di sensazioni poco definibili che lo rende sempre più vulnerabile. Ma adesso vi lascio leggere.
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“Una più profonda cosa esterna”: il Premio Napoli a New York per John Ashbery

dicembre 10, 2009

di Damiano Abeni

Il Premio Napoli quest’anno ha assegnato due Premi Speciali: uno ad Antonio Moresco per la letteratura italiana, e uno a John Ashbery per quella straniera.

Ad Ashbery il premio verrà consegnato oggi, alla Columbia University di New York, in una manifestazione cui partecipano il presidente del Premio, Silvio Perrella, e il poeta Charles Simic, insieme a rappresentanti del mondo universitario e culturale italo-americano di New York.
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