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I famosi all’assalto delle librerie

marzo 17, 2010

Prendiamo atto dell’uscita per Rizzoli (in straordinaria coincidenza con il festival di Sanremo) del libro di Antonella Antonellina Clerici e pubblichiamo «I famosi all’assalto delle librerie» di Maria Teresa Carbone, articolo apparso su Il Manifesto del 6 marzo 2010. L’articolo ci è stato segnalato da Gianluca Cataldo.

di Maria Teresa Carbone

Fra i pochi effetti positivi della scarsa considerazione di cui gode la pratica della lettura in Italia c’è il fatto che alla maggior parte dei nostri «famosi» – quelli che in gergo internazionale si chiamano «celebrities» – non passa neanche per l’anticamera del cervello di sobbarcarsi la fatica di scrivere o di far finta di scrivere (con l’aiuto di un «nègre» o, come si dice ora, di un «meticcio») un libro. Diversamente vanno le cose negli Stati Uniti e in Inghilterra, come testimonia una conversazione uscita sull’ultimo «Observer» alla quale hanno partecipato una scrittrice di professione (A.L. Kennedy, autrice di alcune belle raccolte di racconti, edite qui da minimum fax), un critico letterario appassionato di storia dell’editoria (John Sutherland) e infine la «cantante e personalità televisiva» (citiamo da Wikipedia) Martine McCutcheon, che – forte del successo dei suoi primi due libri, di taglio autobiografico – ha pubblicato nel 2009 un romanzo, The Mistress. Tema dell’incontro: «il fiume di inchiostro da parte delle “celebrities” nazionale è un bene o un male per l’editoria?», e: «i libri dei “famosi” hanno un qualche merito letterario?». Già dalle prime battute si capisce che l’incontro rischia di trasformarsi in una battaglia. «Sono una scrittrice, e sto dalla parte degli scrittori, di qualsiasi tipo essi siano», è l’esordio solo apparentemente conciliante della Kennedy, che subito precisa: «In un momento come questo, in cui è così difficile per i buoni libri trovare un editore, è fastidioso che vengano incoraggiate a scrivere narrativa persone note solo perché si sono esibite in un reality. Forse hanno le doti per scrivere un libro ma, date le circostanze, non le affineranno di certo». Si offende McCutcheon: «Sarebbe ingiusto non poter pubblicare un romanzo solo perché si è una “celebrity”», l’importante è che «i libri possano ispirare chi li legga, indipendentemente dal fatto che li abbiano scritti attori, macellai o medici». Quanto a The Mistress, aggiunge, lo ha scritto tutto da sola e, nonostante la sua inesperienza, è andato molto bene, ha venduto centoventimila copie. «Un risultato straordinario per quello che in fondo era l’esordio di un’autrice alle prime armi», è l’acido commento di Kennedy.
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