Il testo teatrale patisce spesso, nei luoghi comuni, la triste sorte di esser considerato inerte finché la magia del palcoscenico non gli dà vita. Il testo è sentito come semplice canovaccio: uno spunto da vivificare con l’evento performativo. Oppure è considerato «letteratura», il che, forse, è anche peggio. Il grande colpevole è il libro, la pagina scritta che tiene prigioniero il teatro «vero e vivo» e gli nega il proscenio.
Ma questi sono luoghi comuni appunto. Il testo teatrale è teatro anche lui, semplicemente in altro modo. Il teatro è tanto cose. Robert Massin ce lo dimostra.
È il 1964. Uno dei più grandi grafici del ‘900, Massin appunto, impagina per Gallimard (di cui è art director) un’edizione rivoluzionaria e inclassificabile della Cantatrice calva di Ionesco. Testo e immagine fusi insieme che risentono dell’atmosfera sperimentale delle avanguardie storiche e del futurismo. Caratteri più o meno grandi e di vario tipo che si muovono sulla pagina e interagiscono con i personaggi. Un uso espressivo della tipografia i cui precedenti illustri sono senza dubbio in Mallarmé e Marinetti. Ma questa è solo l’apparenza, la superficie. A guardare bene c’è di più.
È un libro illustrato, ma non solo. È un fumetto, forse. È un libro d’artista, quasi.
Il capolavoro non è nelle forme sensibili, ma nell’uso che Massin ne fa.
Intanto quelli che compaiono sulle pagine non sono personaggi ma sono attori. Gli stessi che stanno mettendo in scena a teatro il testo di Ionesco.
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