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Intervista a Fulvio Bortolozzo

dicembre 9, 2009


Fotografo torinese, autore di lavori dedicati al paesaggio urbano della sua città (e non solo), Fulvio Bortolozzo viene qui intervistato da Fabio Severo di Hippolyte Bayard.

di Fabio Severo

Quali sono stati i primi stimoli verso la fotografia? Puoi dirci qualcosa della tua formazione fotografica? I tuoi lavori che abbiamo potuto vedere, seguendo il filo che tracci sul sito, partono dalla fine degli anni ’90, eccezion fatta per Affissi, di cui parleremo. Che altro ci puoi dire del tuo lavoro negli anni precedenti?

Per tutti gli anni Settanta sono stato un appassionato lettore e autore di fumetti. Questo interesse forte mi spinse ad orientarmi verso studi artistici, dove feci fondamentali esperienze formative, oltre ad avere l’opportunità di avvicinarmi alla scena torinese dell’arte povera e concettuale. In quel clima maturai il primo interesse consapevole per la fotografia, acquistando nel 1980 una biottica 6×6 sovietica, la Lubitel 2, che sistemai su un treppiede e con la quale iniziai ad esplorare da autodidatta la tecnica fotografica. Successivamente mi avventurai a sviluppare e stampare le mie fotografie nel solito bagno di casa. Nel frattempo mi “acculturavo” leggendo diverse riviste fotografiche. Ricordo ancora la fortissima emozione che mi diedero alcuni numeri monografici di storia della fotografia curati da Roberto Salbitani per Progresso Fotografico. Negli anni successivi abbandonai definitivamente il bianco e nero a favore del colore nella sua espressione più squillante: la pellicola per diapositive. Con questo materiale iniziai a fotografare durante i miei spostamenti ogni cosa che mi interessasse, finendo per concentrare sempre più l’attenzione su alcuni soggetti ricorrenti. Fu in quel periodo che mi avvicinai all’opera di Franco Fontana, in specie Paesaggio urbano e Presenza-Assenza. Successivamente scoprii alla Libreria Agorà di Torino un libro che mi travolse definitivamente: Kodachrome di Luigi Ghirri. Da allora, seppur lentamente, andai maturando la necessità di concentrare ogni mia energia sulla fotografia di ricerca personale.

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